Istanbul. La chiesa di San Salvatore in Chora

La parabola del ricco epulone e del mendicante Lazzaro

La visita ad Istanbul, situata sulle rive del Bosforo, è un'esperienza culturale molto ricca durante il pellegrinaggio in Turchia. Una città che l'imperatore cristiano Costantino scelse come "seconda Roma", cambiando il nome da Bisanzio in Costantinopoli. Una città che di conseguenza acquistò un'importanza per il cristianesimo sia in oriente che in occidente per tanti secoli. A partire dal sec. XV gli ottomani la conquistarono, e da città bizantina divenne sede del califfato ottomano che regnò sulla città fino ai tempi moderni. Oggi rimane città musulmana con una piccolissima comunità cristiana, ma custodisce dei veri tesori del cristianesimo, tra cui la Basilica di Santa Sofia e la Cisterna Basilica, tutte e due del secolo VI.
Un angelo conduce in cielo l'anima del povero Lazzaro
Un angelo conduce in cielo l’anima del povero Lazzaro

La chiesa “fuori le mura” di San Salvatore in Chora, nota sulle mappe turistiche turche come Kariye Müzesi, è uno dei tesori più noti di Istambul. I suoi affreschi e i suoi mosaici di età bizantina attraggono un flusso continuo di visitatori e turisti. La cappella funeraria del paraecclesion è decorata da un celebre e articolato ciclo di dipinti che invita alla speranza nella resurrezione e alla giustizia assicurata dal giudizio finale sull’umanità. Compare in questo ciclo una selezione di scene tratte dalla parabola lucana di Lazzaro ed Epulone. «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”» (Luca 16, 19-31). Del testo evangelico l’affresco del paraecclesion cita tre scene: l’anima del defunto Lazzaro portata in cielo da un angelo; Lazzaro in Paradiso nel seno di Abramo; il ricco Epulone tra le fiamme nel fondo dell’Inferno che implora una stilla d’acqua.

Lazzaro in Paradiso nel grembo di Abramo
Lazzaro in Paradiso nel seno di Abramo
Il ricco Epulone nel fondo dell'Inferno implora una stilla d'acqua
Il ricco Epulone nel fondo dell’Inferno implora una stilla d’acqua

 

(Articolo pubblicato dall'autore sul proprio blog il 23 Settembre 2014 e qui ripubblicato con il consenso dello stesso, permalink all'articolo originale: https://visionialdila.wordpress.com/2019/09/16/istambul-la-parabola-del-ricco-epulone-e-del-mendicante-lazzaro/. Fotografie dell'autore.)